Shooting, Ruoteclassiche, Ansaldo tipo 22
La rarissima Ansaldo tipo 22 del 1930, protagonista del redazionale di Ruoteclassiche di luglio 2022.Un approfondimento storico sulla vettura, con numerosi aneddoti.
Si ringrazia David Giudici, Marco Visani e Gaetano Derosa. Servizio fotografico di Paolo Carlini.
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Ruoteclassiche – luglio 2022. L’Ultimo Colpo. AUTOMOBILI REGINE DEL PASSATO ANSALDO TIPO 22 (1931). L’ULTIMO COLPO di Marco Visani - foto di Paolo Carlini
Costruiva cannoni, la Ansaldo. Oltre che treni e navi. Tra le due guerre si cimentò anche nella produzione di automobili. Questa magnifica otto cilindri fu però il suo canto del cigno. Lusso a buon mercato La Tipo 22 "Guida interna Gran Lusso” a sei luci e sette posti è opera degli Stabilimenti Farina. Nel 1929 costa 58.500 lire, oltre il triplo di una Fiat 514 ma il 35% in meno di una Lancia Dilambda. ll solo chassis viene 39.000 lire. È disponibile anche come Limousine Trasformabile a sei posti e Cabriolet a quattro.
PER COSTRUIRE AUTO, L’ANSALDO USÒ LA FABBRICA TORINESE CHE PRODUCEVA AEREI MILITARI - È esistito un tempo in cui nell'industria automobilistica contava molto più il sostantivo dell’aggettivo. Le fabbriche costruivano a prescindere, senza distinzioni rigide tra un prodotto e l’altro. Capitava alla Fiat, il cui slogan “Terra mare cielo” rappresentava una gamma fatta di veicoli terrestri, navi e aerei e - in misura minore - alla Lancia e all'Alfa Romeo, che frequentarono il mondo del trasporto pesante e collettivo. Ma valeva anche il contrario: aziende nate per far altro che, a un certo punto del loro percorso, iniziarono a occuparsi di automobili. Soprattutto tra le due guerre, quasi sempre senza duratura fortuna. E questo nonostante l’eccellente qualità dei loro veicoli.
DA GENOVA A TORINO - Fu il caso dell’Ansaldo, che a Genova aveva cantieri navali e ferroviari, e che dopo la prima guerra mondiale dovette riconvertire i reparti che costruivano cannoni e altre forniture militari. La soluzione parve (e fu) per una decina d’anni l’automobile: allo scopo venne riallestito lo stabilimento torinese di corso Peschiera che aveva fabbricato le carlinghe di aerei da combattimento. La prima automobile Ansaldo, la 4A del 1920, era una raffinata quattro cilindri di 1847 cc che il mercato premiò. Ma il fallimento della Banca di Sconto, primo azionista dell'azienda, obbligò nel 1923 a una rifondazione societaria: la divisione auto venne scorporata dalla holding pur conservandone il marchio. Il nuovo presidente era un certo Giuseppe Mazzini: un omonimo, ovviamente. Furono gli anni migliori: si sviluppò una gamma di modelli anche a sei cilindri, in versione standard e S (Spinta, come si diceva allora). Poi un nuovo scossone societario: la cessione dell’azienda alla Macchi di Varese, nel 1927. Sembra una beffa del destino che dagli aerei le Ansaldo fossero nate e in quella direzione ritornassero. Ma sarà un fuoco di paglia. Il nuovo proprietario punta tutto sul lusso guardando al mercato statunitense. E mal gliene incoglie, visto che il crollo di Wall Street del 1929 mette purtroppo fuori gioco le auto più esclusive, specie quelle d’importazione. Il 7 ottobre 1931 la società passa nuovamente di mano: alla OM di Brescia, stavolta. In un’incessante girandola di assetti societari, viene liquidata un anno dopo con la costituzione della Ceva (Costruzione e Vendita Ansaldo) per assemblare e commercializzare gli ultimi telai in giacenza, operazione laboriosa che richiederà non meno di quattro anni. Per la cronaca, la OM sarebbe a sua volta stata cannibalizzata dalla Fiat l’anno successivo, mentre lo stabilimento sino al 1968 fece da casa alla Viberti dei camion e degli autobus, in un quasi ossessivo intreccio di competenze e mercati.
TIRO INCROCIATO - I cannoni incrociati dietro la losanga blu ricordano il passato militare dell'Ansaldo. Le porte ad armadio conservano il montante centrale per garantire una maggiore rigidità alla carrozzeria. ll disegno è quello tipico delle berline di gran classe di fine anni 20, senza la benché minima concessione a stravaganze o balzi in avanti sul piano della ricerca stilistica.
ITALIA-USA - Appartiene agli ultimi anni dell’Ansaldo la Tipo 22, poderosa ammiraglia a otto cilindri in linea e nostra “regina” del mese. Presentata al Salone di Roma il 30 gennaio 1929, nove mesi tondi prima del Black Tuesday di New York, è un’imponente berlina a sei luci. Questo esemplare venne venduto il 2 maggio 1931 a Nicola Frugone, un benestante di Chiavari, che emigrò negli Usa (quando si dice gli incroci del destino...) pochi mesi dopo. L'auto, con appena 3000 km all’attivo, venne ritrovata da Luciano Nicolis nei primi anni 80, circa vent'anni prima che aprisse il museo di Villafranca, dove è tuttora custodita dalle amorevoli cure della figlia Silvia e della sua equipe Conserva ancora la targa di prima immatricolazione (con la sigla della provincia che anche in coda segue la numerazione) e il libretto, anzi la “Licenza di circolazione per automobile in servizio privato” emessa dall’Ispettorato Generale Ferrovie, Tramvie, Automobili del Regno d’Italia. Telaio e motore sono matching numbers che di più non si potrebbe: hanno la medesima cifra, 220080, il che - in mancanza di archivi di produzione, andati perduti - fa ragionevolmente supporre che si tratti dell’ottantesimo esemplare. Il prezioso documento riporta anche la data di costruzione: 27 aprile 1931, appena cinque giorni prima dell’immatricolazione, fatto che lascia immaginare una produzione su ordinazione, senza tempi morti tra linea di montaggio e concessionario. Saranno i cannoni incrociati dietro la losanga blu, vestigia di un passato di mi litare, che campeggiano nello stemma sopra il radiatore: fatto sta che la Tipo 22 è una di quelle automobili che incutono rispetto alla prima occhiata. Il resto lo fanno il lunghissimo cofano, i paraurti a doppia lama e le ruote a disco, che solo la Tipo 22 montò: le altre Ansaldo ricorrevano infatti soprattutto alle ruote in legno, oramai anacronistiche all'alba degli anni 30, perché la Macchi, per un certo periodo - come abbiamo visto - proprietaria del marchio controllava anche il Ruotificio Italiano, che lavorava solo quel tipo di materiale.
LUSSO E GENIALITÀ - Molte delle sue caratteristiche sembrano fatte apposta per contrastare la Lancia Dilambda, dal frazionamento alla cilindrata passando per il telaio ribassato, che conferisce alla vettura un'aria dinamica mitigandone la severa imponenza. Diversamente dalle Ansaldo a quattro e sei cilindri, che avevano l'asse a camme in testa, la Tipo 22 ha una distribuzione più tradizionale, con aste e bilancieri. Dentro, è un festival di lusso e soluzioni geniali, come la serratura di sicurezza integrata sulla leva cambio. Fu il canto del cigno, la "ventidue". Ma aveva ancora il colpo in canna.
UNA NON BASTA - La doppia ruota di scorta appesa in coda è parte dell'equipaggiamento standard. Le pedane sono rivestite in gomma: servono a pulire le suole delle scarpe prima di salire in abitacolo. Da questa prospettiva si apprezza lo slancio della fiancata reso possibile dal telaio ribassato. Belle le ruote a disco con coppa cromata.
AVANTI E INDIETRO - Pur essendo "solo" un aste e bilancieri (altre Ansaldo ebbero l’asse a camme in testa) l'otto cilindri in linea di 3,5 litri è assistito da un moderno sistema elettrico con spinterogeno anziché magnete (sopra, i dettagli del lato sinistro, quello dell'accensione), Sul lato destro, il bel collettore con abbondanti alettature longitudinali e, subito sotto, il carburatore.
Si ringrazia David Giudici, Marco Visani e Gaetano Derosa. Servizio fotografico di Paolo Carlini.
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Ruoteclassiche – luglio 2022. L’Ultimo Colpo. AUTOMOBILI REGINE DEL PASSATO ANSALDO TIPO 22 (1931). L’ULTIMO COLPO di Marco Visani - foto di Paolo Carlini
Costruiva cannoni, la Ansaldo. Oltre che treni e navi. Tra le due guerre si cimentò anche nella produzione di automobili. Questa magnifica otto cilindri fu però il suo canto del cigno. Lusso a buon mercato La Tipo 22 "Guida interna Gran Lusso” a sei luci e sette posti è opera degli Stabilimenti Farina. Nel 1929 costa 58.500 lire, oltre il triplo di una Fiat 514 ma il 35% in meno di una Lancia Dilambda. ll solo chassis viene 39.000 lire. È disponibile anche come Limousine Trasformabile a sei posti e Cabriolet a quattro.
PER COSTRUIRE AUTO, L’ANSALDO USÒ LA FABBRICA TORINESE CHE PRODUCEVA AEREI MILITARI - È esistito un tempo in cui nell'industria automobilistica contava molto più il sostantivo dell’aggettivo. Le fabbriche costruivano a prescindere, senza distinzioni rigide tra un prodotto e l’altro. Capitava alla Fiat, il cui slogan “Terra mare cielo” rappresentava una gamma fatta di veicoli terrestri, navi e aerei e - in misura minore - alla Lancia e all'Alfa Romeo, che frequentarono il mondo del trasporto pesante e collettivo. Ma valeva anche il contrario: aziende nate per far altro che, a un certo punto del loro percorso, iniziarono a occuparsi di automobili. Soprattutto tra le due guerre, quasi sempre senza duratura fortuna. E questo nonostante l’eccellente qualità dei loro veicoli.
DA GENOVA A TORINO - Fu il caso dell’Ansaldo, che a Genova aveva cantieri navali e ferroviari, e che dopo la prima guerra mondiale dovette riconvertire i reparti che costruivano cannoni e altre forniture militari. La soluzione parve (e fu) per una decina d’anni l’automobile: allo scopo venne riallestito lo stabilimento torinese di corso Peschiera che aveva fabbricato le carlinghe di aerei da combattimento. La prima automobile Ansaldo, la 4A del 1920, era una raffinata quattro cilindri di 1847 cc che il mercato premiò. Ma il fallimento della Banca di Sconto, primo azionista dell'azienda, obbligò nel 1923 a una rifondazione societaria: la divisione auto venne scorporata dalla holding pur conservandone il marchio. Il nuovo presidente era un certo Giuseppe Mazzini: un omonimo, ovviamente. Furono gli anni migliori: si sviluppò una gamma di modelli anche a sei cilindri, in versione standard e S (Spinta, come si diceva allora). Poi un nuovo scossone societario: la cessione dell’azienda alla Macchi di Varese, nel 1927. Sembra una beffa del destino che dagli aerei le Ansaldo fossero nate e in quella direzione ritornassero. Ma sarà un fuoco di paglia. Il nuovo proprietario punta tutto sul lusso guardando al mercato statunitense. E mal gliene incoglie, visto che il crollo di Wall Street del 1929 mette purtroppo fuori gioco le auto più esclusive, specie quelle d’importazione. Il 7 ottobre 1931 la società passa nuovamente di mano: alla OM di Brescia, stavolta. In un’incessante girandola di assetti societari, viene liquidata un anno dopo con la costituzione della Ceva (Costruzione e Vendita Ansaldo) per assemblare e commercializzare gli ultimi telai in giacenza, operazione laboriosa che richiederà non meno di quattro anni. Per la cronaca, la OM sarebbe a sua volta stata cannibalizzata dalla Fiat l’anno successivo, mentre lo stabilimento sino al 1968 fece da casa alla Viberti dei camion e degli autobus, in un quasi ossessivo intreccio di competenze e mercati.
TIRO INCROCIATO - I cannoni incrociati dietro la losanga blu ricordano il passato militare dell'Ansaldo. Le porte ad armadio conservano il montante centrale per garantire una maggiore rigidità alla carrozzeria. ll disegno è quello tipico delle berline di gran classe di fine anni 20, senza la benché minima concessione a stravaganze o balzi in avanti sul piano della ricerca stilistica.
ITALIA-USA - Appartiene agli ultimi anni dell’Ansaldo la Tipo 22, poderosa ammiraglia a otto cilindri in linea e nostra “regina” del mese. Presentata al Salone di Roma il 30 gennaio 1929, nove mesi tondi prima del Black Tuesday di New York, è un’imponente berlina a sei luci. Questo esemplare venne venduto il 2 maggio 1931 a Nicola Frugone, un benestante di Chiavari, che emigrò negli Usa (quando si dice gli incroci del destino...) pochi mesi dopo. L'auto, con appena 3000 km all’attivo, venne ritrovata da Luciano Nicolis nei primi anni 80, circa vent'anni prima che aprisse il museo di Villafranca, dove è tuttora custodita dalle amorevoli cure della figlia Silvia e della sua equipe Conserva ancora la targa di prima immatricolazione (con la sigla della provincia che anche in coda segue la numerazione) e il libretto, anzi la “Licenza di circolazione per automobile in servizio privato” emessa dall’Ispettorato Generale Ferrovie, Tramvie, Automobili del Regno d’Italia. Telaio e motore sono matching numbers che di più non si potrebbe: hanno la medesima cifra, 220080, il che - in mancanza di archivi di produzione, andati perduti - fa ragionevolmente supporre che si tratti dell’ottantesimo esemplare. Il prezioso documento riporta anche la data di costruzione: 27 aprile 1931, appena cinque giorni prima dell’immatricolazione, fatto che lascia immaginare una produzione su ordinazione, senza tempi morti tra linea di montaggio e concessionario. Saranno i cannoni incrociati dietro la losanga blu, vestigia di un passato di mi litare, che campeggiano nello stemma sopra il radiatore: fatto sta che la Tipo 22 è una di quelle automobili che incutono rispetto alla prima occhiata. Il resto lo fanno il lunghissimo cofano, i paraurti a doppia lama e le ruote a disco, che solo la Tipo 22 montò: le altre Ansaldo ricorrevano infatti soprattutto alle ruote in legno, oramai anacronistiche all'alba degli anni 30, perché la Macchi, per un certo periodo - come abbiamo visto - proprietaria del marchio controllava anche il Ruotificio Italiano, che lavorava solo quel tipo di materiale.
LUSSO E GENIALITÀ - Molte delle sue caratteristiche sembrano fatte apposta per contrastare la Lancia Dilambda, dal frazionamento alla cilindrata passando per il telaio ribassato, che conferisce alla vettura un'aria dinamica mitigandone la severa imponenza. Diversamente dalle Ansaldo a quattro e sei cilindri, che avevano l'asse a camme in testa, la Tipo 22 ha una distribuzione più tradizionale, con aste e bilancieri. Dentro, è un festival di lusso e soluzioni geniali, come la serratura di sicurezza integrata sulla leva cambio. Fu il canto del cigno, la "ventidue". Ma aveva ancora il colpo in canna.
UNA NON BASTA - La doppia ruota di scorta appesa in coda è parte dell'equipaggiamento standard. Le pedane sono rivestite in gomma: servono a pulire le suole delle scarpe prima di salire in abitacolo. Da questa prospettiva si apprezza lo slancio della fiancata reso possibile dal telaio ribassato. Belle le ruote a disco con coppa cromata.
AVANTI E INDIETRO - Pur essendo "solo" un aste e bilancieri (altre Ansaldo ebbero l’asse a camme in testa) l'otto cilindri in linea di 3,5 litri è assistito da un moderno sistema elettrico con spinterogeno anziché magnete (sopra, i dettagli del lato sinistro, quello dell'accensione), Sul lato destro, il bel collettore con abbondanti alettature longitudinali e, subito sotto, il carburatore.