Shooting, Ruoteclassiche, Maserati 3500 Spyder
La Maserati 3500 GT Spyder del Museo Nicolis nello shooting di Ruoteclassiche ambientato nel suggestivo territoro di Villafranca e Custoza.
Ruoteclassiche 2012 di Fulvio Zucco, foto Paolo Carlini
LA CERTEZZA DI TORNARE A CASA In quanto a classe e prestazioni, era degna rivale della Ferrari “250 GT Cabriolet”. Ma, a differenza di questa, era docile e non ti lasciava a piedi. Una delle 243 costruite, elegantissima nella sua livrea verde acqua con interni in pelle chiara, appartiene al Museo Nicolis di Villafranca. Sei cilindri, 220 CV, 220 all’ora.
La “3500 GT Spyder” (Maserati ha quasi sempre preferito la grafia “spyder” con la “y”) esposta al Museo Nicolis di Villafranca (VR) sfoggia un’insolita livrea verde acqua metallizzato, che fa pensare al mare della Costa Azzurra o di Portofino, dove negli anni Sessanta era più facile incontrare queste sportive. Pare che siano state prodotte in origine appena due vetture di questo colore abbinato alla pelle “neutra”, cioè tra l’avorio e il grigio; peccato, a noi pare che questa combinazione nulla tolga alla notevole classe della “3500 GT”, anzi. La nostra “Spyder”, costruita nel 1960, era nata, però, grigia metallizzata con selleria rossa. Di lei sappiamo che nel 1990 giaceva smontata in attesa di un restauro. Lo svizzero Marcello Grigorov, collezionista di Maserati, l’acquistò e, prima di iniziare i lavori, si chiese di che colore, fra quelli a catalogo, l’avrebbe scelta trent’anni prima: fu così che nacque la terza “3500 GT Spyder” con questo rarissimo abbinamento cromatico. L’eleganza della linea si deve alla matita di Giovanni Michelotti e alla carrozzeria Vignale che la realizzò. Rispetto alla coupé di Touring la “Spyder” ha superfici più tese ma, pur non avendo elementi comuni (tanto che la “3500 GT” di Vignale ha un passo più corto di 10 cm), le due versioni sono immediatamente identificabili come “sorelle”. Ai suoi tempi questa vettura, ritenuta uno dei capolavori di Vignale, era una delle più esclusive sul mercato: fu costruita in appena 243 esemplari, nelle varianti a carburatori e a iniezione, quest’ultima disponibile dal 1961. È quindi raro trovarne in vendita e, quando Grigorov decise di cedere la sua, Luciano Nicolis, fondatore dell’omonimo museo, non se la fece scappare. Il motore di 3,5 litri a corsa lunga della “GT” era in pratica la versione stradale di quello della Sport “350 S” del 1956, sviluppato per le competizioni e capace di erogare 290 CV a 6000 giri/minuto. Per la “3500 GT” la lubrificazione passava dal carter secco al carter umido (con coppa dell’olio), cambiava il tipo dei carburatori (sempre Weber, ma “42 DCOE” anziché “45 DCO3”), l’accensione sfruttava un distributore Marelli in luogo dei due magneti (uno per bancata), ma conservava le due candele per cilindro. Il risultato era un motore da 220 CV a 5500 giri/minuto estremamente elastico e godibile nell’impiego turistico. La riduzione della potenza di ben 70 CV, inoltre, lo rendeva assai robusto e contribuiva ad alimentare le discussioni tra ferraristi e maseratisti, con i primi che vantavano la maggior grinta dei loro dodici cilindri e i secondi che rispondevano “Sarà; noi però torniamo sempre a casa”. In realtà, confrontando i dati con quelli della con[1]temporanea Ferrari “250 GT” (vedi Ruoteclassiche di febbraio, pag. 100), si deduce che la Maserati non era da meno della rivale, che vantava sì 240 CV, ma a 7000 giri, mentre la velocità di punta era pressoché identica. Di fatto, la Ferrari “250 GT Cabriolet” era indicata per la guida sportiva e gli alti regimi, pur se il suo V12 di tre litri non difettava certo di coppia in basso; la Maserati “3500 GT Spyder”, invece, si prestava a meraviglia alle passeggiate lungo il mare e allo struscio nelle località mondane, ma all’occorrenza era perfettamente in grado di tenere il passo della rivale. Alla fine, il confronto non aveva né vincitori né vinti, e le discussioni tra le tifoserie proseguivano senza fine. Anche i totali di produzione risultarono simili: circa 200 pezzi per la Ferrari contro i 243 del Maserati. La quotazione attuale invece differisce parecchio, rispecchiando un divario pressoché “cronico” fra Maserati e Ferrari contemporanee, spesso oggettivamente ingiustificato: 300.000 euro per la “250 GT Cabriolet” contro i 100.000 o poco più della “3500 GT Spyder”. A spasso per le colline del Veronese apprezziamo il buon confort della “Spyder”, garantito dall’abitacolo ben rifinito e spazioso e dalle sospensioni relativamente morbide. Il sei cilindri ha un suono pieno e rotondo, con un timbro profondo, e offre una gradevole colonna sonora, mai sopra le righe a regimi turistici. Lo sterzo è pesante solo in manovra, mentre in movimento si rivela piuttosto diretto e abbastanza preciso. I freni fanno il loro dovere, anche secondo il metro odierno, e il cambio è molto preciso, anche se poi si finisce per usarlo poco, grazie alla capacità del motore di riprendere da qualunque regime. Degno di nota e per nulla scontato il fatto che il bagagliaio abbia una capienza adeguata alle esigenze di due persone e una forma regolare. Una curiosità: i vetri elettrici erano di serie, ma l’orologio si pagava a parte, come l’autoradio. A pensare oggi alle antiche rivalità fra Tridente e Cavallino vien da sorridere: “3500 GT” e “250 GT” sono fra le spider più desiderabili.
Tutto sotto controllo
In alto. Completa ed elegante la strumentazione: da sinistra, tachimetro, termometro acqua, indicatore carburante, manometro olio e contagiri.
Sopra, da sinistra. Il portacenere sul tunnel fra i sedili; la maniglia per il passeggero fissata sotto al cassetto portaoggetti.
Doppia accensione
Sopra, da sinistra. Il “sei in linea” bialbero a tre carburatori; in evidenza le due candele per cilindro. Il bocchettone di rifornimento è protetto da uno sportello con serratura.
In alto. La forma della capote, una volta chiusa, non pregiudica l’estetica della “3500 GT”.