Michaux, biciclo, 1869
Michaux, Biciclo a pedali, 1869, Francia
I Michaux (padre e figlio), titolari di una avviata azienda meccanica parigina, sono passati alla storia per essere stati coloro che per primi ebbero l’ idea di applicare i pedali al velocipede tipo Draisina. Questa era apparsa nel 1816 per opera del barone tedesco Von Drais, era completamente di legno e su di essa si stava a cavalcioni avanzando a forza di pedate sul terreno. L’ applicazione dei pedali fece fare un enorme balzo tecnologico a quel veicolo ormai diventato velocissimo, comparvero così le prime Michaudine. I Michaux, abili nella lavorazione dei metalli seppero trasformarlo totalmente, costruendone tutti i componenti in ferro forgiato, solo le ruote restarono come prima di legno. Quell’ innovativo velocissimo mezzo venne chiamato Biciclo Michaux. Era il 1865, il successo commerciale fu grandissimo.
Note tecniche:
Modello francese costruito nel 1867 nelle officine parigine Michaux
Telaio in ferro forgiato a mano
Sulla ruota anteriore sono fissate le pedivelle sulle quali sono calettati i pedali.
Ad ogni giro di pedali corrisponde un giro della ruota motrice.
Le ruote di legno hanno una cerchiatura protettiva di ferro.
Campanello al manubrio
Lanterna a candela per illuminare la strada
Sella di cuoio fissata sulla balestra
Fonti francesi riportano il fatto che fu tale monsieur LALLEMENT colui che perfezionò l'idea del tedesco FISCHER, il quale pare sia stato il primo ad applicare dei pedali alla ruota anteriore della "Draisina" sottraendo così il primato ai Michaux che comunque sono stati sicuramente i primi a sfruttare economicamente l'idea, allestendo una vera e propria "azienda". Lallement, risulta che emigrò negli USA, ove tentò di emergere sempre nel campo della costruzione di bicicli. Egli ritornò nuovamente in Francia nel 1866. Già allora per sfondare negli USA, pare ci volessero mezzi economici ingenti, visto che in loco erano già operanti dei colossi produttivi di dimensioni inimmaginabili per tanti europei.
Altre informazioni:
I primi bicicli Michaux come l’ esemplare sopracitato, si differenziavano dalla Michaudine in quanto muniti di un travetto di sostegno (telaio) sagomato e di un solo pezzo terminante a forca nella parte posteriore e di ruote di diametro diverso (1.10 m la ruota ant. e circa 90 cm quella posteriore). I raggi delle ruote, di legno, variavano da un minimo di 12 ad un massimo di 24. La pesante cerchiatura di ferro delle ruote di uno spessore già esagerato appesantiva ulteriormente il biciclo per cui il ciclista che lo montava non riusciva in nessun caso a superare i dodici chilometri all’ ora, senza contare il fatto che le vibrazioni derivate dal terreno non permettevano di percorrere lunghe distanze senza indugiare in lunghe soste di riposo.
Dopo l’ expolit dei Michaux, nel 1866 altri costruttori emersero soprattutto in Francia e in Inghilterra fra cui FAVRET, RIPERT, Lèfèvre ed il Lallement appena rientrato dagli USA;
creando così un regime di concorrenza che spronò le fervide menti ad inventare nuove migliorie. L’ inizio delle innovazioni venne proprio dall’ Inghilterra dove tal Mr. Rivierre provò ad applicare una ruota anteriore di molto più grande di quella posteriore, per sfruttare al massimo il giro di pedali. (nelle prime applicazioni dei pedali senza catena detti “a scatto fisso” , ad un giro di pedali corrisponde un giro completo della ruota, quindi più grande è la ruota e più ci si spinge avanti).
Nel 1867 all’ Esposizione Internazionale di Parigi vennero presentati velocipedi con rilevanti nuove migliorie. Per rendere i veicoli più leggeri si erano assottigliate al massimo le parti in legno; per la velocità la ruota anteriore era stata aumentata sino ad 1.20 m e le pedivelle leggermente allungate; le ruote erano sempre cerchiate di ferro ma era aumentato anche il comfort grazie all’ applicazione della sella a sospensione elastica. La sella era sospesa sopra il telaio grazie ad una lama di acciaio le cui estremità erano fissate agli estremi del telaio stesso. Il biciclo Michaux presentato all’ esposizione di Parigi, rispetto ai concorrenti presentava un ulteriore innovazione: un freno a paletta che agiva sul cerchio della ruota posteriore mediante la trasmissione di una cordicella collegata al manubrio. Il freno era azionato dal ciclista mediante la rotazione del manubrio stesso.