Missione Mobilità, che è scesa nuovamente in campo, ospite di No Smog Mobility, dal 10 al 12 ottobre nella bella Palermo. I temi in discussione sono stati come sempre elettrizzanti e all’insegna della provocazione come vedrete dal programma che sarà svelato nei prossimi giorni.
E proprio a Palermo ha esordito, nel nostro Gruppo di Lavoro, Silvia Nicolis, new entry di prestigio e seconda “quota rosa” (l’altra è Francesca Sandri), Presidente del Museo Nicolis di Villafranca (Verona). Questo museo privato è uno dei più importanti in Europa, un luogo dove centinaia di auto e moto d’epoca testimoniano l’insostituibile ruolo dell’ automotive nell’evoluzione della società contemporanea, che poi è il filo conduttore del nostro Movimento di opinione.
Più donne e soprattutto più giovani, dunque, per Missione Mobilità. Proprio i giovani, infatti, determineranno con le loro scelte il futuro della mobilità a motore. Ecco perché è fondamentale ascoltarli con attenzione.
Pierluigi Bonora
Fondatore di Missione Mobilità
Auto, un’estate di banalità
Quante banalità e luoghi comuni, per non dire stupidaggini, mi è capitato di leggere e ascoltare in questa strana estate. Denominatore comune di questi interventi la corrente di pensiero “radical-chic” che ha preso di mira la mobilità a motore per partito preso o per ragioni politiche, senza rendersi conto dei progressi fatti dal settore in fatto di ambiente, sicurezza e infomobilità. E penso anche che non tutti, e parlo di decine e decine di milioni di italiani, risiedono in città dove funziona il car-sharing o ci siano biciclette pubbliche a disposizione. Sono le stesse persone che fanno dell’uso responsabile della macchina un bisogno indispensabile per raggiungere il posto di lavoro (ma anche per andare dove si vuole, quando si vuole e con chi si vuole) soprattutto nelle ore in cui i mezzi pubblici non sono accessibili o per sopperire a evidenti lacune di questi servizi. Finiamola, poi, di paragonare le nostre città ad altre metropoli europee dove esiste da decenni una politica (e una cultura) dei trasporti totalmente diversa dalla nostra, nonché un tipo di traffico altrettanto differente. Per non parlare del sistema delle infrastrutture e dei parcheggi. Qui siamo in Italia e da “rottamare renzianamente” sono coloro che fanno solo demagogia, invece di pensare a conciliare in modo più equilibrato il traffico e a non interpretare la viabilità a senso unico: a Milano, per esempio, si sono spesi milioni in piste ciclabili (molte delle quali inutili), mentre non si è pensato abbastanza alla manutenzione delle strade, e così sono bastati due forti acquazzoni per aprire una voragine in centro. Finiamola, dunque, con le solite demagogie: voglio vedere – per essere anch’io banale – se a un’ambulanza o a una volante della Polizia sostituiamo un risciò o una macchinina fornita dal car-sharing. L’auto, poi, fa girare l’economia e rappresenta un esempio virtuoso di risultati concreti degli investimenti compiuti dalle case costruttrici, mentre chi fa demagogia continua a portare esempi strampalati o assolutamente irreali, pensando così di fare breccia su chi abbocca. Di auto a idrogeno (zero emissioni) se ne parla da 25 anni e potrebbero già essere in un buon numero in strada se in ritardo non fossero le infrastrutture, e così vale per l’auto elettrica: si è ancora a discutere sui tipi di colonnine e di spine da uniformare, mentre da anni questa tecnologia è disponibile. E la passione dove la lasciamo? Perché appiattirsi sull’auto uguale per tutti? A me piace guidare, rispetto le regole, uso la macchina con coscienza e per lavoro, investo con l’acquisto di un veicolo nuovo in ecologia e sicurezza. Perché non si fa mai cenno ai miliardi di euro in entrate che il settore assicura al fisco e ai Comuni? “Addio auto? Italia sul lastrico”, direi. Più di quanto non lo sia adesso.
Silvia Nicolis:
Sul rapporto uomo-macchina sono state scritte milioni di parole. E’ un rapporto di amore e odio che tiene conto di tanti fattori: la passione, la modernità, la comodità, il piacere, ma anche la sudditanza, l’ansia, i vincoli, un sorta di “ineluttabilità” che sembra condannarci a una mobilità sempre più accelerata e vorticosa e il pianeta a un inevitabile degrado.
L’attività al Museo, abbandonando per un momento le personali passioni e propensioni, ci fornisce un osservatorio abbastanza privilegiato. Perché da un lato ci consente di vedere come la passione per l’automobile e per i suoi valori straordinari sia immutabile in persone di tutte le età che ogni giorno testimoniano l’entusiasmo per la bellezza, la potenza, il design, la cultura e la storia che ha visto l’auto grande protagonista del nostro tempo. Dall’altro – attraverso il medesimo osservatorio e le attività che sviluppiamo ogni giorno – registriamo – ed è un dato incontrovertibile – una sorta di crescente insofferenza del pubblico verso i grandi problemi del traffico urbano ed extraurbano, e un’attenzione sempre più dichiarata ed esplicita verso le tematiche ambientali con l’auspicio che il futuro dell’auto sia sempre meno invasivo e sempre più rispettoso.
Forse questa ambivalenza è senza soluzione; i grandi amori sono irrinunciabili anche se, forse, vorremmo provare a sopravvivere senza! Non abbiamo ricette, ma il messaggio che ci sentiamo di mandare, proprio perché lavoriamo in un mondo che ruota attorno alla “passione” per l’auto, è che chi opera in questo settore ha più di altri grandi responsabilità, la prima delle quali è non ignorare il “sentiment” del pubblico. Questo significa un maggiore impegno di talenti, risorse, idee, per mettere a punto tecnologie, servizi, mezzi, normative più rispettosi dell’uomo e dell’ambiente e che aiutino a vivere la “società della mobilità” senza sensi di colpa!