Shooting, Ruoteclassiche, Maserati A6
La rarissima Maserati “A6 1500” by Pinin Farina, 1947, protagonista del redazionale di Ruoteclassiche di febbraio 2022. Un approfondimento storico sulla vettura, con numerosi aneddoti. Si ringrazia David Giudici, Gaetano Derosa. Foto Paolo Carlini.
Ruoteclassiche feb 2022
REGINE DEL PASSATO MASERATI A6 1500 PININ FARINA (1947) AGLI ALBORI DEL GRANTURISMO
Segni particolari: bella e veloce, con la linea firmata da Pinin Farina. Si tratta di uno dei due prototipi allestiti alla fine della seconda guerra mondiale dalla Casa del Tridente per entrare di prepotenza nel settore delle sportive stradali. Testo di Gaetano Derosa – foto di Paolo Carlini
La copertina di Auto Italiana del marzo 1947 è interamente dedicata a una Maserati. Ma non si tratta di una monoposto o di una Sport, bensì della A6 1500, prima granturismo di serie della Casa del Tridente che, per allestirla nel migliore dei modi, ricorre al talento di Battista “Pinin” Farina. Il tailleur confezionato è all’ultimo grido, tanto che i giornali dell’epoca commentano: “Un sapiente misto di vecchio e nuovo, la Maserati ha fatto centro”. Come sempre lo stili- sta torinese ha visto giusto.
UN’ORGANIZZAZIONE PERFETTA – La regia di questa operazione è della famiglia Orsi, che all’inizio del 1937 ha rilevato il pacchetto azionario dell’azienda. Industriali modenesi proprietari, tra l’altro, di fonderie, fabbriche di macchine agricole e imprese di trasporto, gli Orsi stipulano un accordo che vincola i fratelli Maserati a rimanere per dieci anni alla direzione tecnica con l’obiettivo di produrre bolidi da competizione sempre più performanti, mentre il commendator Adolfo Orsi si occuperà della gestione. Due anni dopo, con la guerra alle porte, arriva la decisione di trasferirsi da Bologna a Modena, in via Ciro Menotti (dove si trova tuttora) con un’équipe totalmente cambiata. Adolfo Orsi è il presidente, mentre i fratelli con origine piacentina diventano condirettori. Ed è proprio di questi anni sotto il piombo la decisione che la ripartenza sarà con una vettura destinata alle strade di tutti i giorni. Nel 1940 vengono approntati i disegni dell’autotelaio e del motore, a ottobre dell’anno successivo la Touring prepara una berlinetta in scala 1:12. Il muletto per le prove su strada è datato 1942. L’anno seguente l’ingegner Alberto Massimino (ex Fiat e Scuderia Ferrari) affianca i Maserati. Un lustro più tardi, a marzo, arrivano due prototipi ufficiali: quello in queste pagine, telaio 053, che oggi fa parte della collezione del Museo Nicolis di Villafranca (Verona) e la #054, sempre opera di Pinin Farina, che si distingue peri fari a scomparsa.
GEMELLE DIVERSE – Le due berlinette prendono strade diverse, o meglio diventano modelle in importanti manifestazioni europee: la #054 viene esposta al Salone dell’auto di Ginevra nel marzo 1947, mentre la protagonista di questo servizio fa bella mostra di sé alla prima edizione della Mostra della Carrozzeria Italiana, presso il Palazzo della Triennale di Milano a fine ottobre. Anche se la soluzione stilistica è di notevole impatto e ottiene molti consensi alla rassegna ginevrina, i fari anteriori a scomparsa, azionabili mediante un dispositivo meccanico, rimarranno un esercizio fine a sé stesso e peculiare solo dell’esemplare con telaio 054. Sulla sorella, i proiettori Carello sono a vista e posizionati all’estremità dei parafanghi anteriori. Ma questa non è la sola differenza appariscente. Sulla fiancata della berlinetta del Museo Nicolis si nota un secondo vetro laterale, che sull’altra non c’è, evidenziando pertanto un padiglione ben più massiccio. Per entrambe è caratteristico il cofano motore, che può essere aperto con inclinazione sia destra sia sinistra e, all’occorrenza, si può asportare integralmente.
L’ESPERIENZA DELLE CORSE – La carrozzeria in alluminio viene realizzata sulla base di un telaio tubolare con elementi a sezione tonda, secondo una tendenza verso la quale tutte le Case costruttrici di auto a elevate prestazioni si stanno orientando. Per quanto riguarda la meccanica, all’inizio il 6 cilindri viene sviluppato con testata fissa e doppio albero a camme, parente stretto di quello montato sulla velocissima monoposto 6CM. Tempo dopo (all’incirca nel 1943) viene presa la decisione di rendere smontabile la testa, con distribuzione monoalbero. La sigla deliberata è, appunto, A6 (Alfieri, 6 cilindri), con unico albero a camme e valvole comandate tramite un sofisticato sistema a bilancieri, che successivamente verrà ripreso dai Maserati per le barchette Osca. Le prestazioni velocistiche sono ottime: a seconda del tipo di alimentazione, si passa dai 150 ai 170 all’ora, niente male. Rimane in produzione fino al 1950 (61 esemplari costruiti). Nel frattempo la #053 diventa la protagonista sia delle pubblicità del Tridente (con lo slogan “per lo sportivo la Maserati 1500”) sia nelle principali manifestazioni, come testimonia anche il premio ricevuto da Pinin Farina nel 1947 al Concorso di Eleganza dell’Auto a Montecarlo. Successivamente immatricolata con targa Modena 18300 il 15 gennaio 1948, viene acquistata da Ciro Basadonna, gentleman driver e futuro vincitore del Rally di Montecarlo 1954 con Louis Chiron. L’appassionato torinese, che si era trasferito a Ginevra, utilizza la berlinetta per i suoi spostamenti personali, per poi cederla, IL DEPLIANT a novembre dell’anno successivo, a Piero Carini di Milano. Qualche anno dopo la #053 emigra in Argentina, dove rimane fino alla fine degli anni 70.
Pinin Farina riprende il disegno della calandra da quello delle veloci monoposto da gran premio
Bachelite vivace: I pomelli interni, in bachelite arancione, riprendono la tonalità della corona del volante. Le maniglie esterne di apertura delle portiere annegano all’interno del lamierato delle medesime.
Produzione esigua: Costruita dalla Maserati nella storica sede di via Ciro Menotti a Modena, l’A6 1500 è stata costruita in appena 61 esemplari fino al 1950.
UN RESTAURO ESEMPLARE – Il rientro “ufficiale” in Italia, con la carrozzeria ridipinta di blu e appesantita da paraurti cromati non originali, coincide con la partecipazione a una rievocazione storica della Mille Miglia. Nel 2007 viene infine acquistata da Luciano Nicolis. “Mio padre”, racconta oggi la figlia Silvia, “aveva intuito subito l’importanza di quest’auto. Ma soltanto durante il ripristino curato da Adolfo Orsi siamo riusciti a ricostruirne la storia e a ottenere un restauro integrale conforme al suo allestimento originale”. Affidata per il ripristino alla Carrozzeria Cremonini, durante la sverniciatura sono state trovate tracce di un primo colore oro antico metallizzato (sulla modanatura superiore della portiera e sul cruscotto). Inoltre, sono stati recuperati alcuni lembi della moquette nel telaio dei sedili e, sotto il loro rivestimento, c’era ancora quello originale in velluto liscio di colore beige-oro. Ritrovamenti fondamentali per poter riportare l’A6 1500 esattamente come quando era stata costruita. Il lavoro di salvataggio del prezioso monoblocco in ghisa, all’officina Candini di Modena, ha sortito inoltre l’effetto sperato. Agli inizi del 2012 il restauro viene ultimato con la prima uscita al Concorso di Villa d’Este di quell’anno, purtroppo senza Luciano, che da poco se n’era andato improvvisamente. “È molto divertente da utilizzare”, continua Silvia Nicolis, “ma è anche una delle più ammirate della nostra struttura: la sua livrea con le uscite d’aria rosse è davvero irresistibile”.
UNA PREZIOSA PUBBLICAZIONE Raramente le Case automobilistiche italiane negli 50 pubblicavano depliant della loro produzione. E, in ogni caso, si trattava di semplici brochure a quattro facciate, in bianco e nero, una sorta di ciclostilato con poche foto e la mera scheda tecnica. Fa eccezione la meravigliosa realizzazione del Tridente, datata 1948, per presentare la berlinetta A6. Stampata a colori, oggi è un vero cimelio che vale un occhio della testa. La copertina ritrae il particolare della calandra del frontale, con la scritta-slogan “La marca che si impone”. All’interno, splendidi disegni evidenziano i particolari della granturismo, con grande risalto ai componenti meccanici. E, per sottolineare ulteriormente la parentela con le corse, l’ultima parte è dedicata sia alla 4CLT sia alla versione Sport, con dovizia di illustrazioni del telaio tubolare. Un vero capolavoro.