Luciano Nicolis
La storia: come tutto è iniziato
Luciano Nicolis, veronese doc, nel 2000 inaugura il Museo Nicolis a Villafranca di Verona. Realizza così il suo “sogno lungo una vita” che coltiva sin da ragazzo, quando, per idea del padre Francesco, inizia il lavoro di “recupero della carta” (oggi Gruppo Lamacart) girando in bicicletta i paesi vicino a casa. Luciano ci racconta: “Ora lo ricordo con piacere, ma da piccolo me ne vergognavo, quando facevo la terza media, finita la scuola nel pomeriggio andavo in bicicletta a Mantova a caricare sacchi di carta. La guerra era finita da poco e io a 14 anni pedalavo in cerca di fortuna, alla ricerca di sacchi ex cemento, quelli vuoti scartati dai muratori, ne caricavo fino a 300, rincasavo spingendo 60 kg di sudore. Mi rendevano bene e mio padre era felice. Il fascino per la meccanica e le automobili mi aveva stregato, volevo dare vita ai miei sogni e realizzare le mie speranze. Quando incrociavo una automobile pensavo – un giorno avrò anch’io una bella auto… forse due … forse tre …
“La mia passione è nata smontando pezzi di automobili per riparare il furgone che usavo nei primi anni di lavoro. In questo modo ho cominciato a capire la meccanica e mi sono appassionato alla tecnica automobilistica”. Questa passione l’ha poi trasferita alla sua famiglia, che lo ha sempre sostenuto e affiancato nel suo progetto.
Nel “Museo dell’Auto, della Tecnica e della Meccanica” Luciano ha fatto confluire migliaia di oggetti introvabili e preziosi, che l’interesse per la meccanica lo ha portato a cercare in tutto il mondo: automobili, motociclette e biciclette ma anche strumenti musicali, macchine fotografiche e per scrivere, opere dell’ingegno umano. Il Museo è stata la sua attitudine e il suo divertimento, e per questo lo ha voluto spettacolare e creativo, arricchendo costantemente le numerose collezioni. Luciano amava aggirarsi nelle sale con entusiasmo, vulcanico di idee e progetti, facendo anche da guida ai visitatori. Raccontando loro la storia e le curiosità di ogni oggetto, si presentava dicendo “Io sono quel matto che ha fatto tutto questo”. A chi gli faceva domande sulle “sue collezioni”, invece, era solito rispondere: “Noi non siamo i proprietari di tutto questo, ne siamo i custodi per il futuro…”