VERONA, Febbraio – Henry Ford sognava un’auto diversa. Non una carrozza a motore per pochi, ma uno strumento affidabile per tutti. Così nel 1908 nasceva la Ford T. Quella che si poteva ordinare “in qualsiasi colore purché nera”, progettata per essere essenziale, di facile manutenzione e, soprattutto, pratica da assemblare in migliaia di esemplari.
La Ford T – dal 1913 prodotta nella prima catena di montaggio al mondo – cambiò non solo il modo di costruire le automobili, ma anche il loro ruolo nella società.
Un modello, custodito dal Museo Nicolis di Verona, esposta nella mostra Oltre l’Uomo – aperta al Lanificio Conte_Shed di Schio dal 28 gennaio al 2 maggio 2017.
Con la sua partecipazione ad Oltre l’Uomo, il Museo rinnova la collaborazione con Pleiadi – organizzatore dell’evento – che si aggiudicò il Premio Museo Nicolis Sfide d’Impresa 2012.
L’esposizione racconta in maniera interattiva le creazioni dell’ingegno umano da Leonardo alle biotecnologie, in un viaggio in cui il passato racchiude i semi del presente.
Era questo lo spirito di Luciano Nicolis quando fondò il suo Museo: conservare la ricchezza dell’Heritage per arricchire la contemporaneità. Grazie ad 8 collezioni e oltre mille auto, moto, bici, motori, strumenti musicali e macchine fotografiche, oggi, il Nicolis è uno dei musei privati più importanti in Europa.
“È un museo d’impresa che fa parte del gruppo Lamacart, in cui tutte le attività produttive si sviluppano e nascono dalla passione per il recupero in tutte le sue forme”, afferma Silvia Nicolis presidente del Museo “per questo sposiamo progetti che valorizzano innovazione e progresso, valori che da sempre accompagnano le nostre sfide.”
Una filosofia che lo stesso Henry Ford avrebbe approvato. La Ford T obbediva, infatti, ad una semplice regola: “semplificare per alleggerire”. Le carrozzerie erano intercambiabili, il freno a pedale sulla trasmissione e a leva sulle sole ruote posteriori, il cambio a due velocità e la retromarcia con comando a pedale. I pedali, perciò, erano tre.
Un’altra massima influenzò la progettazione della Ford T: “Quello che non c’è, non si rompe”. Di conseguenza era assente la pompa della benzina dato che il serbatoio, collocato in alto, alimentava il carburatore per semplice caduta. Il telaio, inoltre, era costruito con acciaio al vanadio, un accorgimento che garantiva particolari prerogative di resistenza ed elasticità. In linea con quanto avrebbe previsto il nuovo codice stradale americano, infine, il volante fu posto a sinistra: permetteva al guidatore di scendere sul lato pulito della strada, ma soprattutto gli dava una visione più chiara della strada in fase di sorpasso.
L’equilibrio tra innovazione e semplicità, il grande salto tecnologico della produzione in serie e la vocazione a motorizzare la società valsero ben presto alla Ford T l’appellativo di “auto universale”. Come tale si affianca alle tantissime grandi e piccole invenzioni che, nella mostra a Schio, raccontano il percorso dell’umanità nello spostarsi sempre in avanti il punto di partenza e spingersi, ad ogni epoca, un passo “oltre”.